Quello strano soggetto definito operatore di Pet Therapy
7 novembre 2013
4 min

Quello strano soggetto definito operatore di Pet Therapy

pet therapy
L’amore per l’uomo non esclude quello per gli animali e viceversa, perché l’amore non è mai fonte di separazione né di giudizio. Chi ama, ama e basta. Chi ama e separa, non ha mai iniziato a farlo (S. Tamaro).

In questa frase credo si racchiuda tutto quello che è l’essenza della Pet Therapy, tutto ciò che sta alla base di questa meravigliosa metodica dolce, che si basa sullo scambio di emozioni, di sensazioni e di tutto ciò che porta benessere ogni volta che un essere umano entra in contatto con un animale capace di evocare quel legame atavico che lo lega alle proprie origini.

Ma chi è un operatore di Pet Therapy, cosa deve essere in grado di fare? Ѐ questa una domanda che ricorre spessissimo nella mail che giungono nella casella postale di ConFido in un Sorriso (associazione per la diffusione della Pet Therapy).

Un operatore di Pet Therapy è prima di tutto un essere umano che ama gli altri esseri umani e che vuole trasferire su di essi l’amore che ha per il proprio animale, per donare quella meravigliosa sensazione di benessere che egli sa che il proprio animale è in grado di regalare.

L’operatore di Pet Therapy non deve essere necessariamente un esperto cinofilo (naturalmente mi riferisco alla Pet Therapy effettuata con i cani, che – secondo il mio personalissimo parere – sono gli animali che più rispondono al nostro smisurato bisogno di affetto incondizionato), deve saper conoscere i segnali che il proprio cane gli invia, deve conoscere perfettamente le dinamiche comportamentali del proprio animale, con il quale naturalmente deve avere una relazione continua e intensa (non credo che il cane che vive in cortile non possa essere un buon cane, ma non credo che possa instaurare con il proprio umano un rapporto tale da poter essere trasferito su altri); l’operatore di Pet Therapy non deve essere necessariamente un esperto della persona (medico, psicologo, educatore, ecc.), se lo è meglio sicuramente per lui; l’operatore di Pet Therapy deve essere un essere umano che ha voglia di imparare sempre e comunque, ha voglia di osservare anche il più piccolo lampo di tenerezza che il suo animale sa generare, che ha voglia di lavorare in un’equipe dove ci saranno esperti della patologia degli utenti con cui si andrà a lavorare, dovrà essere sempre supportato da un medico veterinario di fiducia che garantirà per la salute del proprio cane e dovrà essere al servizio dei diversi bisogni espressi e non delle persone con cui andrà a operare.

A questo servono i corsi di Pet Therapy: a insegnare come operare con il proprio cane, a spiegare come redigere un progetto e con quali criteri scegliere i collaboratori adatti, a comprendere i segnali corporei che il proprio cane invia, a gestire i tempi di intervento. In una parola, a relazionarsi e a comunicare con soggetti umani che non sempre sanno utilizzare il nostro stesso linguaggio.

Tutt’oggi non esiste una normativa nazionale che regolamenti la formazione in materia di Pet Therapy, non mi interessa discutere in questa sede su tutte le problematiche connesse alla mancanza di una disciplina normativa uniforme; l’unica cosa che mi permetterei di suggerire a coloro i quali desiderano conoscere meglio questo meravigliosa terapia a doppio senso (benefica per chi la pone in essere e per chi la riceve) è quella di studiare, di leggere e di informarsi sempre attraverso i diversi strumenti che si hanno a disposizione, e non giudicare mai i progetti degli altri senza conoscerne i particolari, perché un buon operatore di Pet Ttherapy deve sempre riconoscere il bello anche quando è “poco” e magari un po’ nascosto.