La socializzazione - 1ª parte
14 luglio 2013
8 min

La socializzazione - 1ª parte

etologia
“I fattori genetici sono trasmessi ereditariamente, mai i tratti sono modificati dall’interazione della genetica con I fattori ambientali. L’addestramento e le esperienze precoci hanno una grande influenza su questi tratti”.

Parliamo del periodo che va dalla terza alla dodicesima settimana di vita del cucciolo (socializzazione primaria), citando Michael Fox nel suo libro “Understanding Your Dog”. Che cosa s’intende per socializzazione? Il termine deriva dal verbo francese “socialiser” e venne usato inizialmente nel senso di “rendere sociale”! Oggigiorno i significati di questa parola sono molteplici. Chi scrive, per socializzazione intende dire: “La realizzazione del giusto equilibrio tra il singolo soggetto e il gruppo di appartenenza, attraverso il progressivo apprendimento delle regole di convivenza modellando i propri comportamenti su quelli del contesto in cui si inseriscono durante l’età evolutiva”.

L’importanza di un programma mirato di socializzazione è ben descritta da David Appleby che afferma: “Invece di essere una faccenda rischiosa, con esperienze che si verificano casualmente, come spesso avviene, l’esposizione del cucciolo all’ambiente, dovrebbe essere più sistematica possibile per garantire al cucciolo la possibilità di sviluppare al massimo un buon carattere e la capacità di adattarsi e far fronte a qualsiasi situazione”. Infatti, di ciò si tratta “sviluppare al massimo” le potenzialità del cucciolo ovviamente nei limiti dettati dalla genetica.

Gli effetti di una mancata o insufficiente socializzazione sono ben noti agli studiosi: un’inadeguata socializzazione prima del raggiungimento della 14° settimana di vita del cane dà luogo a una più alta incidenza di fenomeni di aggressività motivata dalla paura {Science: Critical Periods in the Social Development of Dogs. by D. G. Freedman, J.A. King, & O. Elliot. (1961, volume 122, pages 1016-1017). Genetics & the Social Behavior of the Dog. J. P. Scott & J. L. Fuller. (1965: Chicago: University of Chicago Press)}.

Naturalmente non tutti i cani non socializzati diverranno aggressivi, in situazioni di stress potrebbero scegliere di rimanere paralizzati dalla paura oppure fuggire, comunque un quadro poco edificante per quello che dovrebbe essere il miglior amico dell’uomo! Ѐ spesso ricorrente l’idea che portata a termine la socializzazione primaria, si possa considerare il proprio lavoro finito. Nulla di più errato! Il periodo secondario inizia subito dopo il termine di quello primario ed è fondamentale continuare il lavoro iniziato per evitare fenomeni di “desocializzazione”. A questo proposito citiamo Michael Fox (1978): “Se cuccioli ben socializzati vengono posti in un canile a tre o quattro mesi di età e lasciati in una situazione di isolamento fino a sei, otto mesi di età, questi risulteranno paurosi delle persone che non conoscono ed anche di chi li accudisce se avranno avuto scarso contatto con loro”, e ancora: “Quindi la socializzazione e abituazione deve essere continuamente rinforzata durante l’intero periodo giovanile” (Whoolpy 19689.

Il lettore non sia tratto in inganno dal termine isolamento quale sinonimo di gabbia in un canile o allevamento, anche un cane tenuto all’interno di una casa con giardino andrà a far parte di quella schiera di cani che a causa di una mancata, errata o insufficiente socializzazione svilupperanno problemi comportamentali.

Il periodo di socializzazione primario, così come descritto da Scott & Fuller, inizia alla terza settimana di vita e termina alla dodicesima. Due caratteristiche contraddistinguono questa fase della crescita del cucciolo: il crescente aumento dell’attrazione (curiosità) fino al picco massimo durante la quinta settimana di vita del cucciolo e il progressivo aumento della paura con punte massime nella nona e decima settimana. Ѐ anche per questo motivo che prima nel 1961 “Freidman, King and Elliot” nella rivista “Science – Critical Periods in the Social Development of Dogs” e successivamente nel 1965 nel famoso libro “Genetics and the Social Behavior of the Dog” di John Paul Scott e John Fuller lasciarono intendere come la settima settimana fosse la migliore per trasferire il cucciolo presso la sua nuova dimora. Migliore in quanto sufficiente per permettere al cucciolo di identificarsi e imparare a interagire con la propria specie, ma allo stesso tempo creare un rapporto con l’uomo nelle rimanenti cinque settimane.

La settima settimana andrebbe, quindi, considerata come un compromesso, il 49° giorno il primo per spostare cuccioli che hanno imparato a interagire con i fratelli e sorelle di cucciolata, l’ultimo prima dell’insorgere del periodo della paura. In questo discorso deve essere fatta una considerazione molto importante e cioè che l’età anagrafica dei cuccioli può non corrispondere con l’età di sviluppo che può variare fino ad una differenza massima di una settimana tra un cucciolo e l’altro. Ovvio che sette giorni di differenza rappresentano un’eccezione, ma gli allevatori potranno facilmente testimoniare come non tutti i cuccioli aprano gli occhi o inizino a camminare nello stesso giorno. Questo per dire che allo scadere del 49° giorno di età la maturazione tra i cuccioli appartenenti alla stessa cucciolata potrebbe non essere, anzi spesso non è uguale.

Dobbiamo poi considerare la differenza tra una razza e l’altra e l’uso che ne verrà fatto. Chi pratica una qualsiasi disciplina sportiva dovrebbe ricercare un cane orientato verso le persone che trovi soddisfazione nel fare delle cose a fianco dell’uomo, lasciarlo troppo a lungo con i suoi consimili potrebbe determinarne una minore attrazione verso le persone, ivi compreso il proprietario.

Il cane nella nostra società svolge funzioni profondamente diverse. A mio giudizio, anche la socializzazione ha bisogno di “personalizzazione” proprio in base alla funzione che andrà a svolgere il cane. Prendiamo, ad esempio, due razze: il maremmano e il Border Collie. Se qualcuno andasse da un pastore scozzese e gli dicesse di far crescere i suoi cuccioli con le pecore, con tutta probabilità verrebbe considerato un pazzo ignorante (e a pieno titolo), ne più ne meno di quello che succederebbe se si andasse a dire a un pastore abruzzese di non far crescere il suo maremmano assieme alle pecore che dovrà difendere.

Gli allevatori che rimangono con cuccioli invenduti dopo la settima settimana, si trovano a contendere con il problema di equilibrare il contatto tra i cuccioli, l’uomo e i propri consimili senza sapere che tipo di vita svolgerà il cane quando raggiungerà la sua nuova dimora. Gli esperimenti condotti a Bar Harbour indicano la dodicesima settimana come la migliore per staccare il cucciolo (se impossibile farlo a sette settimane); per un allevatore un vero problema!

Immaginate le cure necessarie per ben socializzare un cucciolo e moltiplicatele per due, per tre, o per sette! Anche in questo caso migliore va inteso nel contesto di inserimento del cucciolo in una specie che non è la sua, in un mondo la cui evoluzione non è dipesa certo da lui, ed al quale anche noi uomini facciamo fatica ad adattarci!

Il riferimento del 49° giorno è validissimo ma occorre anche tenere presente altri parametri per gestire al meglio situazioni in cui la pratica rende impossibile attuare la teoria – anche se la si vorrebbe rispettare – evitando di spostare il cucciolo nel periodo compreso fra la nona e la decima settimana e attendere la dodicesima per consegnare il cucciolo, cercando di offrirgli quelle esperienze che avrebbe avuto nella nuova casa, se fosse andato al momento giusto.

In un esperimento, M.Fox (1975) espose dei cuccioli a stimoli complessi (arricchimento) alle età di 5, 8, 12, 16, settimane, rilevando che durante la crescita questi cuccioli avevano la tendenza di ricercare situazioni “complesse”. Conversamene, cuccioli cresciuti in ambienti non arricchiti all’età di 12 o 16 settimane erano fortemente inibiti (paura) e cercavano situazioni meno “complesse”. I primi (arricchiti), risultando sempre dominanti sui secondi. Questo per far comprendere quanto sia importante assicurarsi che l’ambiente nel quale cresceranno i propri cuccioli sia corretto per garantirne il corretto sviluppo.

Cyrulnik (1991) sottolinea che il cervello si atrofizza quando un animale viene cresciuto in uno stato di isolamento sensoriale e che, invece, si sviluppa oltre la media se soggetto ad ipertimolazione (udito, vista, etc.). Ciò può accadere nel più bel parco della più bella villa d’Italia, non solo in un laboratorio. Troppo o troppo poco per i nostri cuccioli che crescono decisamente costituisce un azzardo da evitare. Pfaffenberger commenta così un esperimento compiuto su 154 cuccioli: “…dei cuccioli che hanno superato i test di idoneità raggiungendo le loro nuove famiglie nella prima settimana successiva ai test stessi, il 90% ha proseguito per diventare un cane guida; dei cuccioli rimasti nei kennels tra una e due settimane i risultati sono stati simili ma non altrettanto buoni, quando il periodo di permanenza si è esteso a più di due settimane ma meno di tre la percentuale si è ridotta al 57%, mentre nei cuccioli rimasti oltre tre settimane è scesa ulterirmente al 30%” (“The New Knowledgeof Dog Behaviour”).

Continua…

https://www.cani.com/etologia/la-socializzazione-2%C2%AA-parte

https://www.cani.com/etologia/la-socializzazione-3%C2%AA-parte

 


A cura di Carlo Colafranceschi