La socializzazione - 2ª parte
16 luglio 2013
7 min

La socializzazione - 2ª parte

etologia
Baetson (1981) descrive le fasi di sviluppo di un individuo come un treno che viaggia con le finestre chiuse, queste si aprono in determinati momenti durante il viaggio (maturazione), permettendo al viaggiatore di studiare quanto scorre al di fuori del treno. In base alle informazioni
ricevute (apprendimento), l’individuo può continuare a guardare (motivazione) oppure smettere (abituazione). In altri casi, la finestra si chiude al raggiungimento di un nuovo punto.

L’abituazione (dall’americano Habituation) è il processo attraverso il quale un animale si abitua agli stimoli percepiti dall’ambiente come non minacciosi, ignorandoli. Citando ancora Cyrulnik: “Il mondo di ogni animale è costruito intorno al doppio vincolo della genetica e dello sviluppo!”.

Il lettore avrà certamente osservato che i lavori scientifici a sostegno delle informazioni fornite risalgono talvolta a oltre sessanta anni fa, a volte contraddicendo luoghi comuni e leggende metropolitane, che circolano con insistenza in ambito cinofilo. Scott, Fuller, Fox, King, Elliot, Pfaffenberger, e altri ancora rimangono ancora oggi punto di riferimento per quegli studiosi che da loro hanno preso il testimone, confermando (se ve ne fosse stato bisogno) le scoperte di tanti anni
fa.

In un’intervista Ray e Lorna Coppinger (famosi biologi ricercatori americani del nostro secolo autori del famoso libro “Dogs”) asseriscono: “Il comportamento è epigenetico, o al di sopra della genetica. Pensiamo al comportamento come dimensione e forma, se non lo si ‘educa’, il comportamento del cane non raggiungerà il suo potenziale genetico, viceversa tutta l’educazione del mondo non riuscirà a oltrepassare i limiti imposti dalla genetica. Ѐ l’interazione tra i geni e l’ambiente che determinano il comportamento del cane!”.

Per concludere questa panoramica sulla socializzazione credo sia importante rilevare che il cane nel suo ambiente naturale viene a contatto con il mondo in cui passerà la sua vita in maniera del tutto automatica, crescerà con il suo branco, nel suo territorio e solo del suo branco avrà fiducia, spingendosi fuori dal suo territorio solo in casi estremi per sfamarsi, rimanendo diffidente e schivo di altre specie. Il nostro compito come allevatori e proprietari informati è quello di permettergli di abituarsi al nostro mondo, un mondo infinitamente più complesso di quello per cui è stato concepito, la cui conoscenza è tutto fuorché automatica.

Si è detto, quindi, che il cucciolo passa due fasi importanti: quella dove si sviluppa la curiosità, per arrivare gradualmente a quella contrassegnata dalla paura. Non è in questo spazio che illustreremo i dettagli del Senso-Puppy (per questo vengono periodicamente organizzati degli stages), tuttavia accenneremo ad alcuni concetti fondamentali.

La terza settimana rappresenta l’inizio del periodo si socializzazione, che avrà termine alla dodicesima, alla quale seguirà quello cosiddetto della gerarchizzazione, che durerà per ulteriori quattro settimane. Durante il periodo che intercorre tra la terza e la settima settimana, la curiosità aumenterà progressivamente fino alla quinta settimana per poi diminuire progressivamente. Il cucciolo dovrà, durante questo periodo, essere esposto a situazioni, persone, animali ed esperienze diverse in sintonia con il suo sviluppo.

Naturalmente queste esperienze dovranno essere esclusivamente positive, siamo nel periodo della curiosità, ma se frequenza e intensità di stimolo non vengono correttamente controllate i cuccioli resterebbero spaventati. Non si tratta di evitare determinate situazioni, ma piuttosto di presentarle in modo corretto al momento giusto. Facciamo un esempio, traendo spunto dalle affermazioni di Joel Dehasse (veterinario comportamentalista): “Tra gli animali, esistono paure innate, anche se nel cane non sono ancora state dimostrate: ad esempio, la paura dei ‘colpi’ o ‘spari’ non è innata, a dispetto di vari scritti a sostegno. Ciò non toglie che si può parlare di sensibilità acustica negli individui e nelle razze”. The Bulletin for Veterinary Clinical Ethology, Vol.2, n°1-2, pp. 6-29, 1994 (Brussels).

In razze notoriamente sensibili ai rumori come, ad esempio, i Border Collie, sono sempre riuscito a ottenere totale indifferenza a questo stimolo entro il 49° giorno. Le differenze che ho notato tra individui della stessa razza o con altre razze ritenute meno sensibili sono sempre state nella soglia di stimolo iniziale; partendo da sensibilità diverse, i cuccioli si sono sempre abituati a ignorare allo sparo di “raudi” a pochi metri. Questo non significa, però, che il cucciolo non possa essere successivamente spaventato o disabituato.

Spesso non si considera un aspetto fondamentale nella percezione di una socializzazione. Scoppio di petardo in prossimità del cane: quello del dolore alla sensibilissima struttura dell’orecchio. Il cane condizionato allo sparo può rimanere traumatizzato dallo uno scoppio di intensità e prossimità tali da provocargli dolore, la cui sopportazione nulla ha a che vedere con la paura se non come conseguenza logica e naturale.

Un cane perfettamente abituato allo sparo, quindi, può imparare ad averne paura non in quanto sparo (rumore improvviso), ma piuttosto come fonte di dolore e come tale correlato alla tempra fisica (ovvero la capacità di superare esperienze dolorose), arrivando a volte a distinguere tra lo sparo che gli ha provocato dolore ed altri, ma più spesso generalizzando a tutti gli scoppi.

Inoltre, la mancata esposizione a rumori di vario tipo, ivi compresi gli spari, successivamente
al periodo di socializzazione primario, può provocare una progressiva disabituazione e conseguente
paura. Gli animali difficilmente riescono a superare reazioni di paura ad una nuova esperienza (Granding 2000). Esiste una vasta documentazione scientifica che mette in risalto l’impatto antagonistico della paura o ansia nell’organizzazione di svariati comportamenti fondamentali motivati da altri meccanismi (Heird at a., 1986).

Ad esempio, la paura condiziona fortemente l’apprendimento, provocando le stesse strategie di difesa messe in atto dagli animali cresciuti in ambiente naturale (Broom 1981). Gray (1979) ha classificato gli stimoli che producono paura in cinque categorie: 1) pericoli che gli animali hanno imparato a evitare; 2) stimoli che evocano reazioni di paura non apprese (genetica); 3) stimoli sconosciuti; 4) movimenti veloci o improvvisi; 5) richiami di allarme da parte di elementi appartenenti alla propria specie.

Le reazioni dovute alla paura possono variare sensibilmente dalla difesa attiva (attacco o
minaccia), all’evitazione (fuga) all’immobilità (Boissy 1998). Il periodo della paura è una fase dello sviluppo del cucciolo particolarmente delicato, durante il quale andrebbero evitate esperienze traumatiche che potrebbero lasciare il cucciolo traumatizzato per il resto dei suoi giorni. Tipico
esempio è il cane che arriva dal veterinario per la sua prima visita senza che nessuno si preoccupi di lasciargli il tempo per ambientarsi in quel posto nuovo, spesso pieno di cani che abbaiano, persone accalcate in pochi metri quadri, nuovi odori, rumori il cucciolo nel migliore dei casi viene preso in braccio e portato in una stanza, piazzato senza tanti complimenti su un tavolo (concepito appositamente), ricoperto di scivolossima lamiera, aperta la bocca, un’occhiata alle orecchie,
controllo della temperatura rettale, puntura e nemmeno un attimo per permettere al cane
di ambientarsi, un bocconcino per premiarlo. Esagerato? Chiedete a quei proprietari, il cui cane appena si rende conto di dove sta andando punta i piedi come dire: “Io li non ci torno”, vi sapranno dire.

Credo sia opportuno definire cosa s’intende per paura, elencandone gli effetti più comuni, quali: l’incapacità di adattarsi a un nuovo ambiente, la reazione inibita davanti a un oggetto o animale
sconosciuto (che può oscillare dall’evitazione, al cauto approccio, alla fuga, all’aggressione), la scarsa capacità di recupero una volta rimossa la “minaccia”, l’incapacità di prestare attenzione a qualsiasi cosa. Ciò detto il periodo della paura non è una fase, durante il quale il cucciolo ha paura come spesso erroneamente lasciato a intendere. Il periodo della paura rende le esperienze negative labili di essere immagazzinate in modo più o meno permanente, in base alla genetica e socializzazione ricevuta.

Continua….

 

A cura di Carlo Colafranceschi