Randagismo e prevenzione, l'abbandono
27 gennaio 2012
15 min

Randagismo e prevenzione, l'abbandono

Un fenomeno in crescita, che non accenna a regredire. Ogni anno in tutta Italia vengono abbandonati centinaia di migliaia di animali domestici. L’animale viene considerato alla stregua di un oggetto o di un giocattolo di cui ci si può disfare in qualunque momento.

L’abbandono è fonte di numerosi problemi. L’animale lasciato solo non è abituato a procacciarsi il cibo e spesso muore di fame e di sete. Alcuni animali, abbandonati perché vecchi o già malati, non hanno alcuna possibilità di riuscire a sopravvivere. A questo si aggiunge il trauma psicologico dell’essere stati abbandonati. Gli animali lasciati ai bordi di una strada possono causare incidenti automobilistici.

Quelli abbandonati in zone boschive o isolate, entrano in competizione con la fauna già presente.

Le tartarughe dalle orecchie rosse, Trachemys, in seguito ai ripetuti abbandoni, hanno causato la drastica riduzione delle specie autoctone colonizzando il territorio. Al contrario, i conigli selvatici non lasciano spazio a quelli domestici di cui ci si è disfati.

Un altro problema è quello relativo alla diffusione di malattie infettive, col rischio di epidemie per l’uomo e la fauna selvatica. 

LE CIFRE DEL RANDAGISMO IN ITALIA E IN LOMBARDIA.

RANDAGISMO IN CIFRE

Gatti abbandonati ogni anno in Italia: 200.000

Cani abbandonati ogni anno in Italia: 150.000

Cani e gatti vittime della fame, della sete e di incidenti stradali: 280.000

Cani destinati ad una vita in strada o nei canili: 70.000

Cani che muoiono entro i 20 giorni dall’abbandono: 85%

Incidenti stradali provocati dall’abbandono in 10 anni: 40.000

Cani randagi in Italia: 650.000

Gatti randagi in Italia: 1.400.000

Business annuale dei canili privati: 100 mil. di euro

Dati riferiti all’anno 2000:

Gli abbandoni in autostrada sono meno frequenti di un tempo:

nei primi due anni del 2000 si è registrata, rispetto al decennio precedente, una diminuzione del 70%.

Cani e gatti vengono abbandonati da altre parti, ad esempio davanti ai canili, nei centri cittadini e in prossimità dei luoghi di villeggiatura.

Allarmante il dato sulla mortalità dei cani abbandonati, che raggiunge l’80%.

Nei mesi di giugno – luglio – agosto vi è il massimo picco di abbandoni:

si stima ammontino a ca. 60.000 nei tre mesi.

Ciò equivale a 20.000 al mese, cioè a circa 600 cani abbandonati al giorno.

Ciò significa che, nei tre mesi “caldi”, sul territorio nazionale, si assiste in media a 25 abbandoni del migliore amico dell’uomo all’ora, ovvero ad un abbandono ogni due minuti

(dati elaborati da Edgar Meyer – Stefano Apuzzo – Gaia Animali&Ambiente) 

Abbandono a Milano: dati relativi all’attività nell’anno 2002 del Presidio Veterinario Canile Sanitario.

Ecco i dati relativi all’attivita’ del Canile Sanitario (P.V.C.S.) di Milano, gestito dal Servizio di Sanità Animale dell’A.S.L. Città di Milano.

SANITA’ ANIMALE

A.S.L. Città di Milano

SERVIZIO DI SANITÀ ANIMALE

Anno 2002: attività del CANILE SANITARIO (PVCS) DI MILANO

La direzione della Azienda Sanitaria Locale della Città di Milano rende noti i dati relativi all’attività del PRESIDIO VETERINARIO CANILE SANITARIO, sito in via Lombroso n. 99, Milano.

Le normative vigenti riguardanti la prevenzione del randagismo e la profilassi della rabbia prevedono il ricovero nei canili sanitari dei cani vaganti.

Nel corso dell’anno 2002 sono stati ricoverati 851 cani; 54 soggetti erano già presenti al 1/1/02 (totale 905).

I cani affidati dalla Forza Pubblica sono stati 67 (7,40%), e altri 76, pari al 8,40%, sono stati riportati in dal Canile per incompatibilità con il nuovo proprietario.

Nei riguardi della Profilassi della rabbia i cani morsicatori ricoverati per i prescritti tempi di osservazione sono stati 34 (3,76%).

A fronte della entrata di 851 animali (più 54 già presenti il giorno 01.01.02), nel corso del 2002 si è avuta una uscita di 853 cani.

347 (39,12%) sono stati resi ai legittimi proprietari

339 (38,22%) sono stati affidati a cittadini desiderosi di avere un “amico fedele”.

46 (5,19%) sono stati ceduti a Enti Zoofili.

31 (3,49%) sono stati sottoposti ad eutanasia perché incurabili o per comprovata aggressività.

7 (0,79%) sono stati sottoposti ad eutanasia su esplicita richiesta dei proprietari.

11 (1,24%) in maggioranza soggetti anziani e malati, sono deceduti per cause naturali.

71 (8,00%) sono stati trasferiti al rifugio comunale convenzionato per la lungodegenza.

1 (0,11%) è fuggito;

34 (3,83%) presenti a fine anno (31.12.02).

PREVENZIONE DEL RANDAGISMO

La Legge n° 281 del 1991 stabilisce che né i cani detenuti nei canili, né quelli randagi possano più essere soppressi né ceduti a laboratori di vivisezione. Inoltre prevede l’istituzione dell’anagrafe canina che tramite un tatuaggio indolore collega ogni cane al proprietario. Con questa legge si decreta, per la prima volta in Italia, che l’abbandono di un animale costituisce un reato punibile con sanzioni penali. Un cane, trovato a girovagare senza medaglietta e senza tatuaggio, viene considerato randagio e, in genere, catturato e portato al canile municipale. Il tatuaggio di identificazione può essere eseguito presso qualsiasi veterinario o rivolgendosi alla ASL locale.

La sterilizzazione di cani e gatti, nonostante possa sembrare una prevaricazione sulla natura dell’animale, costituisce un fattore importantissimo per la prevenzione del randagismo. Nella maggior parte dei casi il destino delle cucciolate indesiderate è o la soppressione o l’abbandono. La sterilizzazione sopprimendo l’istinto sessuale evita fughe nel periodo del calore riducendo il rischio di perdere il cane o il gatto. Inoltre, si rivela l’unica efficace prevenzione nei tumori alla mammella.

LE COLONIE FELINE

Per colonia felina si intende qualsiasi gruppo di due o più gatti che coabitano nel medesimo territorio. I luoghi più comuni dove è possibile trovare colonie sono i giardini condominiali o di ospedali, aree di verde urbano come giardinetti e parchi, costruzioni abbandonate, orti e cascinali. La legge 281/91 tutela queste colonie vietando qualsiasi forma di maltrattamento o crudeltà nei loro confronti. Per maltrattamento si intende anche ostacolarne il nutrimento ed impedirne il riparo. E’ inoltre vietato spostare le colonie feline dal loro insediamento di origine, salvo in casi eccezionali, per tutelare la sopravvivenza degli animali.

Le ASL, in base alla Legge 281/91, sono obbligate a sterilizzare gratuitamente i gatti appartenenti alle colonie feline del loro territorio.

CANILI E GATTILI

Nei canili e nei gattili vengono accolti tutti gli animali abbandonati o persi. Le condizioni di questi rifugi sono, il più delle volte, precarie. Gabbie sovraffollate che favoriscono la trasmissione di malattie infettive e parassitarie, maschi e femmine liberi di accoppiarsi, condizioni igieniche scarse, nutrimento insufficiente o inadeguato, controlli sanitari carenti. Tutto questo aggrava lo stress psicologico dell’animale, già abbandonato. In alcuni canili il maltrattamento raggiunge livelli estremi: cani massacrati a bastonate, spariti nel nulla, sequestrati per maltrattamento, privati delle corde vocali per “risolvere” problemi di inquinamento acustico.

La gestione di queste strutture è estremamente gravosa: solo grazie ai volontari si riesce ad alleviare le sofferenze degli animali detenuti, garantendogli una maggiore attenzione e migliori cure.

Nonostante la Legge 281/91 affidi la gestione di canili e gattili ai Comuni, spesso questi ultimi preferiscono stipulare convenzioni con privati. Frequentemente si tratta di individui privi di scrupoli, più interessati ai contributi giornalieri forniti dal Comune che al benessere degli animali. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai canili privati da 1,5 a 5 euro al giorno per ogni cane.

Canili e gattili, che dovrebbero essere luoghi di accoglienza temporanea, spesso diventano, nel caso di animali anziani o malati, la soluzione definitiva.

IL TRAFFICO VERSO L’ESTERO

Spesso la sparizione di animali da canili, gattili e luoghi pubblici è dovuta all’esportazione verso laboratori di vivisezione in Italia o in altri stati europei, principalmente in Svizzera ed in Germania.

La legge 281 stabilisce che dai canili non possano essere ritirati più di tre cani dalla stessa persona e che comunque gli animali non vengano portati all’estero. I cani esportati dall’Italia ogni anno sono diverse migliaia. Veneto, Lombardia, Piemonte, Umbria e Campania sono le regioni maggiormente coinvolte.

Questi traffici sono possibili perché si basano sulla complicità e collaborazione di figure all’interno dei canili e di funzionari di alcune ASL. Queste persone, spinte da incentivi economici, si nascondono dietro giustificazioni come l’adozione all’estero.

ADOZIONE E CONSIGLI UTILI

Se trovate un cane segnalatene la presenza alla Polizia Municipale che provvederà a chiamare il canile convenzionato. Per emergenze e negli orari in cui non sono reperibili i Vigili, avvisate i Carabinieri. Contattate comunque anche le Associazioni locali che sapranno indicarvi i canili e le procedure in atto nella zona del ritrovamento. Tappezzate la zona di cartelli con la descrizione del cane ritrovato e informatevi se appartiene a qualcuno che abita nelle vicinanze.

– Quando trovate un animale, accertatevi a distanza delle sue condizioni fisiche, avvicinatevi con cautela e, qualora necessario portatelo dal veterinario più vicino.

– Non comprate cani, gatti, o altri animali, ricordatevi sempre che all’interno di canili e gattili troverete sempre un animale che aspetta di essere adottato.

 

Brevi cenni sui processi di domesticazione del cane e del gatto ed origine del fenomeno del randagismo.

CANI

Parlando di cani dobbiamo cercare di capire come ha origine il fenomeno del randagismo, possiamo suddividere i cani in quattro gruppi:

A – cani che hanno un padrone che li tiene sempre sotto controllo, alcuni di loro però hanno anche una doppia vita e di notte si uniscono a bande di altri cani.

B – cani che hanno un padrone, ma sono liberi di andarsene come e quando vogliono, sono quelli che arrecano maggiori danni al bestiame domestico.

C – cani randagi legati ancora alla figura dell’uomo capobranco, ricercano il contatto con l’uomo

D – cani inselvatichiti, rifuggono l’uomo, tale gruppo mantiene più o meno costante il suo numero perché alimentato in continuazione dai gruppi B e C. I danni al bestiame domestico non sono mai causati da cani di questo gruppo, ma sempre dagli altri gruppi.

È frequente il passaggio dai gruppi A e B al gruppo C che origina poi qualche esemplare del gruppo D, assai raro, per non dire nullo, il passaggio inverso.

A -> C -> D         B -> C -> D

In natura la specie “cane” non esiste, è frutto del processo di domesticazione che l’uomo ha condotto nei secoli, un processo che sembra abbia avuto origine già più di 20.000 anni fa. Le differenze tra il cane ed il suo progenitore selvatico, il lupo, sono notevoli:

i cani non hanno la coesione sociale dei lupi, non sanno aiutare le femmine che allattano;

i cani non sanno mantenere una gerarchia che assicuri la riproduzione dei più adatti;

si è riscontrato che solo il 2% di cani nati allo stato selvatico e che non hanno mai avuto contatto con l’uomo riesce ad arrivare all’età della riproduzione, il restante 88% muore subito dopo lo svezzamento, quando la madre va un’altra volta in calore;

i cani hanno due periodi fertili (calori) all’anno, i lupi solo uno;

tutte le femmine di cane che vivono senza il controllo dell’uomo partoriscono due volte l’anno, nei branchi di lupi solo la femmina alfa partorisce i cuccioli generati con il maschio dominante, gli altri membri del branco aiutano la coppia a crescere la cucciolata, che verrà seguita per circa un anno dall’intero gruppo (il lupo italiano partorisce all’inizio della primavera ed i nuovi nati restano con i genitori all’incirca fino al successivo mese di gennaio, quando la madre va nuovamente in calore);

il numero dei cuccioli partoriti dal cane è superiore al numero di cuccioli partorito dal lupo.

Ne consegue che il cane non è un animale adatto alla vita selvatica, tutti i cani, anche quelli inselvatichiti (gruppo D) sono incapaci di vivere allo stato selvatico.

GATTI

Il gatto domestico viene oggi classificato dal punto di vista sistematico come Felis Silvestris Catus e si pensa che discenda, per processo di domesticazione operato dall’uomo, dalla specie F.S.Libica.

Il processo di domesticazione è molto più recente di quello del cane, si ritiene risalga alla civiltà egizia, non più di 6/7 mila anni fa quindi, e nel corso dei secoli ha vissuto momenti più o meno felici (deificato dagli egizi, demonizzato dalla chiesa nel medioevo).

Anche nel gatto il processo di domesticazione ha comportato cambiamenti rispetto al suo discendete F.S.Libica, anche se probabilmente inferiori a quelli subiti dagli altri mammiferi domestici:

modificazione dell’assetto ormonale

neotenia, cioè persistenza di alcune caratteristiche infantili nell’adulto.

il gatto selvatico partorisce una sola volta l’anno ed un numero ridotto di piccoli, generalmente tre, il F.S.Catus ha tre/quattro calori all’anno e partorisce una media di cinque piccoli ogni volta.

La neotenia è molto meno evidente nei gatti rispetto ai cani, per esempio schemi di comportamento predatorio compaiono in età precoce nei gattini e vengono utilizzati in maniera considerevole dall’animale adulto, invece in molte razze di cani la sequenza predatoria risulta incompleta (l’uomo ha infatti evidenziato nelle varie razze canine quei comportamenti che più gli tornavano utili, ottenendo così razze da guardia, da difesa, da caccia, da pastore e così via).

Non si confonda il gatto domestico, F.S.Catus che definiamo randagio o selvatico, con il gatto selvatico vero e proprio F.S.Silvestris.

La domesticazione altera le caratteristiche dell’animale e lo rende quindi incapace di vivere allo stato selvatico, la domesticazione ha comportato obbligatoriamente violenza sugli animali. Ecco perché quelli che oggi sono animali domestici devono per forza vivere insieme a noi, ma lasciamo gli animali che ancora non hanno subito questo processo al loro stato naturale. Ecco perché diventa necessario l’intervento dell’uomo sul processo riproduttivo degli animali domestici tramite la sterilizzazione.

BUSINESS DEL RANDAGISMO

fonte: LAV

Alcuni privati hanno costruito la loro fortuna grazie a convenzioni miliardarie con amministrazioni locali compiacenti, spesso aggiudicate con gare d’appalto al ribasso d’asta, alle quali corrispondono strutture fatiscenti, veri e propri lager dove è impedito l’accesso a chiunque e da dove i cani non usciranno mai.

Le strutture pubbliche sono spesso insufficienti o a volte totalmente inesistenti; in questi casi diventa più semplice per le amministrazioni incapaci di trovare soluzioni che tengano conto del rispetto degli animali, dare in appalto esterno a privati la gestione dei canili. Il contributo economico elargito per ogni cane varia e gli appalti possono arrivare a raggiungere cifre altissime a volte miliardarie. Diventa chiaro pertanto l’interesse nel settore dimostrato da persone senza scrupoli. In modo sempre più frequente negli ultimi anni, attraverso un’opera di monitoraggio operata dalla LAV e grazie alle segnalazioni giunte alla nostra associazione, è stato possibile denunciare realtà in cui i canili sono strutture sovraffollate, inadatte, prive delle condizioni igienico-sanitarie necessarie, in cui i cani sono malnutriti, senza alcuna assistenza veterinaria, vittime di ogni sorta di maltrattamenti.

Nonostante la copertura finanziaria per la legge 281 metta in condizione i comuni di affrontare il problema, in otto anni (dal ’91 al ’98) le Regioni hanno utilizzato solo il 29,7% delle risorse finanziarie stanziate dallo Stato, in molte Regioni i fondi statali del ’94 e del ’95 non sono stati nemmeno iscritti o assegnati nei relativi capitoli di bilancio mentre i fondi regionali utilizzati nello stesso periodo di tempo sono pari al 91%. Fino al 1997/98 i Comuni hanno fatto gestire alle Associazioni presenti sul territorio i canili ed i randagi spesso con convenzioni assolutamente insufficienti; a partire al ’95 si registra la nascita di canili gestiti da ditte private, che progressivamente scalzano le no-profit nella gestione dei randagi, ottenendo convenzioni miliardarie dai Comuni.

Il primo dato impressionante nei canili gestiti per lucro è quello della mortalità, anche se non mancano dati simili nei canili a gestione ASL o comunale un esempio tra tutti il canile di Palermo: da 40 ad oltre il 60% dei cani ospitati. I casi di maltrattamento sono all’ordine del giorno: in un canile di Noha (LE) lo scorso anno sono state folgorate le corde vocali di 190 cani per ovviare all’inquinamento acustico, senza che questo grave fatto abbia poi impedito solo pochi mesi dopo il rinnovo della convenzione. All’interno di questi canili fatiscenti i cani vengono ammassati in anguste gabbie, in manufatti edili incompleti, in recinti superaffollati e coperti solo da tettoie di lamiera. Le cucce e/o i ripari non sono quasi mai presenti, anche le ciotole per il cibo sono spesso un miraggio. Spesso non sono rispettati nemmeno i requisiti minimi per legge, ovvero i 2 metri quadri a cane. Il Decreto parla di brevi periodi di stabulazione, i randagi richiusi nei canili privati ci rimangono tutta la vita. Moltissimi i cani misteriosamente scomparsi, il dato ufficiale parla di 1.534 dal 95 al 99, il numero reale è difficile da quantificare.

Il dato emerso da una recente ispezione di canili municipali, rifugi privati e pensioni, svolta nell’estate del 2001 dai Carabinieri dei N.A.S., d’intesa con il ministero della salute, conferma quanto più volte denunciato dalla LAV: a fronte di 315 controlli sono state accertate ben 204 infrazioni penali ed amministrative e deferite alle competenti autorità 134 persone. Tra gli illeciti più frequenti: deposito incontrollato di rifiuti biologici, cani sprovvisti di tatuaggio identificativo, mancata iscrizione all’anagrafe canina, carenze strutturali, assenza di autorizzazioni e maltrattamento di animali.

SEGNALAZIONI

Anche in questo caso un ruolo attivo ed importantissimo può essere svolto da ciascuno di noi. I casi portati all’attenzione della LAV e denunciati alle Autorità competenti sono stati spesso segnalati da privati cittadini. Per questo motivo invitiamo a segnalarci casi di canili gestiti male, strutture nelle quali è stato impossibile accedere per richiedere informazioni o per prendere in affidamento un cane. Insieme possiamo e dobbiamo stroncare questa tendenza, soprattutto perché chi specula aumenta la sofferenza dei randagi.