Esasperazione in certi settori della cinofilia (1/3)
27 febbraio 2012
3 min

Esasperazione in certi settori della cinofilia (1/3)

Esasperazione: limite estremo a cui può giungere una situazione. Esasperato: spinto all’eccesso. Eccesso: travalicamento della giusta misura, esasperazione di un atteggiamento e/o di uno stato interiore . Ho sentito valutare una prestazione cinofila “esasperata” come la summa del positivo in una particolare “nota” che è nata ed è tutt’ora indicata con le connotazioni di una misurazione delle doti espresse ad una velocità particolarmente spinta ma comunque entro i limiti che la razza consente. E le razze da ferma inglesi lo consentono più di altre. Ognuna secondo standard. La velocità è un conto, l’esasperazione è tutt’altra cosa. Mi è venuto in mente di parlare di questo argomento dopo aver ascoltato un discorso fra “garisti” che alla fine dei conti consideravano, come accennavo in premessa, l’esasperazione nella grande cerca come il massimo pregio: un cane “esasperato” un vero fenomeno. Il “massimo dei massimi” -quindi- come negli sport estremi(!). Anche questa dizione pecca di esatta definizione. Uno sport -come tale- non può essere “estremo”. Il confronto nelle diverse discipline è sul filo delle capacità fisiche, equilibrio, salute e notevole preparazione. Un’attività pericolosa cosiddetta estrema è una scommessa sul chi riuscirà a salvare la pelle. Un mondo che fa dell’irrazionalità la propria bandiera. In tutti gli sport si lavora per migliorare le tecniche, per affinarle quali strumenti per rafforzare le performance ed ottenere prestigiosi risultati. Fra gli sport possiamo, senza tema di smentita, elencare pure le prove cinofile quelle definite più prestigiose (classica e grande cerca). Di fatto abitualmente considerate tali da molti addetti ai lavori che nell’essenza intendono dare rilievo alla prestazione fisica (sportiva) anziché funzionale e venatoria che di sport nulla hanno a che vedere. La cerca, la ferma, il collegamento e tutto quanto contenuto nei regolamenti non sono competizioni bensì azioni da valutare ai fini selettivi. Anche questo è noto. A parole, però. Riferendomi ai primi, le vittorie ed i primati sono lautamente compensati; i risultati e le medaglie vanno nelle bacheche, gli atleti al termine della carriera vanno a godersi i riscontri economici delle loro vittorie che saranno ricordati assieme alle nazioni che hanno avuto la fortuna di dare loro i natali. Purtroppo per vincere si ricorre anche all’illecito ed i controlli e le pene non saranno mai abbastanza pesanti perché in fondo,oltre al resto,si tratta anche di truffa e di sbarrare la strada a chi veramente merita. Gli sport fra uomini non possono avere fini selettivi, è un controsenso il solo pensarlo. Ma per rimanere nel parallelo fra questi e le prove cinofile (fin dove e quanto possibile), quest’ultime non hanno ovviamente le medesime prerogative e sostituiscono le raffinatezze delle tecniche personali con allenamenti di particolare struttura attentamente mirati dagli addestratori professionisti. Si possono considerare personali certi schemi della preparazione perché come nel gioco del pallone, ogni trainer plasma la squadra (o il soggetto) secondo metodi collaudati, frutto di esperienza e di convincimenti che nel tempo sono stati premiati con esiti soddisfacenti. Tutti i Mister del pallone devono far realizzare molti goal dagli attaccanti e farne prendere pochi ai difensori. Banale: ma è alla base del gioco. Dal come impostano il gioco e si inseriscono nei ruoli i giocatori dimostrano oltre alla bravura, anche le soggettive interpretazioni del metodo col quale sviluppare il gioco e quindi la partita. Quindi nulla di nuovo sia nel gioco del calcio come nelle altre discipline compreso quindi l’addestramento cinofilo. In merito ai diversi modi di addestrare (in genere) e di interpretare le “cerche” in particolare, le diverse opinioni hanno avuto largo spazio sulla stampa specializzata (la Gazzetta) con dovizia di particolari e motivazioni.