Il cane da montagna (2/2)
17 aprile 2012
3 min

Il cane da montagna (2/2)

Identikit del coturnat

Ho un amico in provincia de L’Aquila, spesso vado in montagna con lui. Il suo cane Gim è un vero coturnat,setter inglese bianco arancio, in taglia, ottimo stilista, gran temperamento, é molto intelligente. Passo giornate intere ad osservarlo, rimango incantato ogni volta, per come sa affrontare il terreno, che divora con la massima disinvoltura, non spreca un passo, è un continuo sali e scendi, fra pietraie, dirupi e brecciai, sempre molto prudente, a limite del sospetto, gli basta una flebile emanazione per risalirne la fonte. Inarrestabile la sua grinta, svolge il suo lavoro con metodo, la sua cerca è minuziosa sempre a testa nel vento, mai al di sotto del tronco. Da sua madre, tutta Francini, ha ereditato la guidata felina e da suo padre Nero, il temperamento ed il coraggio. Arrampicarsi sul brecciaio per andarlo a servire, è come salire sulla barca delle sirene, è un richiamo fortissimo. Bellissima la sua ferma, sempre flessa ed espressiva, avvicinarlo quando indica un punto è sempre un momento magico. Merito anche e soprattutto del suo conduttore, personaggio schivo e solitario, tipico di chi passa gran parte della vita tra le rocce. È un piacere cacciare con lui, c’è sempre qualcosa da imparare. Gim, tre anni e mezzo, già presentato in prova al Saladini Pilastri e subito si è messo in evidenza con un primo eccellente. In futuro sentiremo parlare di lui: a mio parere ha tutti i requisiti per diventare un grande, anche se per me già lo è.

Il cane da coturnici nel mio immaginario è ancora più spinto di Gim, la sua cerca deve essere ampia, prudente e deve sempre saper dove si trova il proprio compagno, anche quando l’allungo si fa più profondo. Il suo movimento deve essere silenzioso, spigliato, ma non impetuoso. Per indole non dovrà mai essere spericolato, altrimenti la sua carriera sarebbe brevissima, i pericoli in montagna sono sempre dietro l’angolo. Cosa molto importante, per quanto difficile da ottenere, è l’immediata ubbidienza al richiamo, perché in montagna non si fa rumore, un colpo di fischietto è già troppo, grida e sollecitazione da evitare assolutamente, altrimenti è come farsi un autogol. Perfetto sarebbe se fosse fermo al frullo, in quanto si esporrebbe molto meno ai rischi della rincorsa, la quale spesso conduce al precipizio senza ritorno, ma io questo non me lo sono mai potuto permettere, probabilmente per mia incapacità. Questa cosa mi ha sempre terrorizzato e potrei raccontarne a volontà, proprio come feci in diretta in un mio documentario “Lassù qualcuno canta”, dove mi tornò in mente la spericolatezza del mio Max, che forse solo perché santificato, l’ha fatta sempre franca.

Il cane da coturnici sa leggere anche le gesta del cacciatore, spesso si fanno a lunga distanza, è un mio punto forte, i movimenti con le braccia che indicano la direzione da esplorare, il cenno d’allungo, che il compianto Felice Delfino insegnava ai suoi ausiliari ma anche a me, il cenno di ritorno e anche la carezza è un gesto molto importante, segno di rispetto, comprensione e amore.

In montagna quando si è in due, bisogna collaborare e farsi coraggio, anche se il nostro coturnat di coraggio ne ha da vendere. Non sarà certo lui a tirarsi indietro dinanzi ad un canalone ghiacciato da attraversare, tanto meno a salire sulle lastre di granito bagnate, dove non c’è aderenza per girare, sempre pronto nel tentare il recupero in un abisso con prudenza e audacia.

Questo è il coturnat e quando torna a casa si addormenterà leccandosi i polpastrelli lacerati e salterà il pasto caldo, che con cura gli avevamo preparato, per la stanchezza…

Io li adoro e li sogno.