Secondo la definizione burocratica l’allevatore è colui che, documenti alla mano, risulta essere il proprietario della fattrice al momento della monta. Stando al sentire comune, invece, l’allevatore è colui che, possedendo più cani di una razza, mette al mondo cuccioli di quella razza e, in molti casi, è dotato di una struttura detta allevamento in cui gli esemplari risiedono. Sono dunque questi i requisiti per meritare di essere chiamati allevatori? E soprattutto, chi è il buon allevatore? L’ENCI un tempo concedeva l’affisso (ovvero un cognome poi ereditato da ogni cucciolo) agli allevatori che avevano conseguito determinati risultati nelle esposizioni o nelle prove di lavoro ma oggi non è più così. Il meccanismo è cambiato: chiunque risulti essere proprietario di due femmine di una data razza, abbia prodotto due cucciolate di quella razza e versi la quota dovuta all’ente può fregiarsi dell’affisso. La concessione di nuovi affissi è inoltre subordinata alla sottoscrizione del Codice Etico dell’Allevatore, un passo avanti nella direzione della qualità. Allo stato attuale, tuttavia, possono esserci nella rosa degli “affissati” eccellenti allevatori e altri da cui sarebbe meglio fuggire a gambe levate trattandosi di personaggi la cui dedizione verso i cani è subordinata a quella nei confronti del denaro. Alla stessa stregua, tra chi non può fregiarsi di un affisso capita di trovare privati che in realtà sono anche ottimi allevatori amatoriali che operano per il benessere della razza. Anche la pubblicità sulle riviste non è una discriminante: si limita a mettere in evidenza un allevatore ma non dà giudizi di sorta! Molti allevatori hanno un sito internet in cui possiamo reperire informazioni utili a capire il tipo di cane proposto, ricordiamoci però che i siti sono vetrine attraverso le quali l’allevatore cerca di mostrarsi nel modo migliore. Se vi imbattete in uno di quei siti che offre cuccioli di un numero infinito di razze chiudete la pagina e stateci lontani: si tratta molto probabilmente di cuccioli importati in maniera drammatica come spiegherò più avanti. A questo link è possibile leggere il Codice Etico dell’Allevatore fissato dall’ENCI.
La sottoscrizione di questo documento è obbligatoria solo per la concessione di nuovi affissi (nei restanti casi è facoltativa) e il documento è perfettibile, ma un allevatore che accetta queste regole ha una marcia in più e dovrebbe essere premiato dagli acquirenti. Per la semplice legge della domanda e dell’offerta, se più aspiranti proprietari richiedono queste garanzie, più allevatori saranno disposti (o costretti!) a offrirle.
In linea di massima, il buon allevatore, manuale di genetica alla mano, non deve mai perdere di vista questi tre punti:
1) la salute: deve conoscere le malattie della razza che alleva, le loro modalità di trasmissione e la loro incidenza e tentare di prevenirle controllando i riproduttori con gli strumenti messi a disposizione dalla medicina veterinaria. Potete chiedere all’allevatore per quali malattie ereditarie controlla i riproduttori e se segue le direttive in merito fissate dai club di razza e/o se aderisce agli schemi fissati dall’ENCI per i riproduttori selezionati. Chiedete infine quali garanzie sono offerte all’acquirente nel caso il cucciolo presenti problemi di salute di origine ereditaria.
2) Il carattere e le attitudini: il buon allevatore deve sforzarsi di riprodurre cani con il carattere tipico della razza e, nelle razze che ancora concretamente lavorano o sono impiegate in discipline sportive, scegliere i riproduttori in base alle attitudini e alle capacità dimostrate in tali discipline. Anche in questo caso si può fare riferimento alle norme fissate dall’ENCI per la Riproduzione Selezionata.
3) La morfologia. Molti aspiranti proprietari NON conoscono lo standard del cane che stanno per acquistare. Può darsi che l’abbiano letto una o due volte ma non è detto che l’abbiano compreso a fondo: uno standard va letto, compreso e infine interpretato. Tanti di coloro che intendono acquistare un cane da famiglia, però, si fanno abbagliare da titoli e coccarde raccolte in esposizione. L’approccio cambia radicalmente tra coloro che cercano un cane da lavoro o da sport, va detto che queste persone difficilmente sono neofiti assoluti: chi prende un cane per lavorarci ha già maturato qualche esperienza cinofila. Prendiamo l’esempio del cacciatore, un cacciatore costretto a scegliere tra un cane bravo e un cane bello sceglierà senz’altro il primo, ma non dobbiamo dimenticare che una razza è resa tale dalle attitudini ma anche dalla morfologia. Riassumendo: non occorre pretendere un animale perfetto al punto da vincere l’esposizione canina mondiale, ma è giusto che acquisti un animale tipico che rispecchi lo standard della razza in questione; un bassotto deve avere le zampe corte!
Prendetevi il tempo che serve, raccogliete informazioni, visitate più cucciolate e, se qualcosa non vi convince, tornate a casa senza cucciolo. Se avete dubbi e interrogativi fate domande: a un buon allevatore, appassionato della razza, farà solo piacere rispondervi. Un acquirente troppo silenzioso, al contrario, potrebbe insospettirlo. Alcuni, per pigrizia e con un pizzico di ingenuità, scelgono il cucciolo al telefono chiedendo all’allevatore di spedirlo. Ora… io sono la prima a fare acquisti in internet ma si tratta di oggetti… se tutto va bene il cane sarà un compagno di vita per almeno 10 anni: direi che è il caso di guardarsi in faccia (e di guardare in faccia all’allevatore) prima di scegliersi! Alcuni allevatori, a dire il vero, rifiutano di spedire cuccioli come pacchi, altri accettano e, tra questi, abbiamo persone in buona fede e altri che, approfittando della distanza, colgono l’occasione per spedirvi quello che è un pacco, a tutti gli effetti! Recatevi di persona in allevamento e guardatevi intorno, controllate le condizioni igieniche, gli alloggi dei cani, chiedete di vedere altri soggetti allevati (è buon segno la presenza di soggetti anziani in buone condizioni) e, se presente, il padre della cucciolata. Non fatevi impietosire da cani in pessimo stato e diffidate di chi rifiuta di farvi vedere i genitori del cucciolo e non vi consente di varcare il cancello d’ingresso.
Se qualcosa non vi convince andatevene e rivolgetevi ad altri, non è escluso che il sesto senso vi stia risparmiando una fregatura. Se vi è consentito, avvicinatevi alla cucciolata e osservatene il comportamento: i piccoli già in grado di interagire con l’uomo devono averne fiducia e non temerlo. Al ritiro del cucciolo, l’allevatore vi consegnerà un libretto sanitario spiegandovi come andranno completate le sverminazioni e il piano vaccinale. Il pedigree invece arriverà dopo qualche tempo presso la delegazione ENCI, nel frattempo potete chiedere di visionare una copia dei documenti di registrazione della cucciolata e il pedigree dei genitori. Al momento del ritiro, il cucciolo deve essere già tatuato o microchippato: quel numero è l’unica cosa che può ricollegarlo al pedigree.
Vale la pena acquistare un cane sprovvisto di pedigree? In molti credono che il pedigree sia costoso: in realtà il costo del pedigree è di poche decine di euro, i soldi richiesti per espletare le pratiche burocratiche equivalgono a circa 30E. Una persona che vi propone un cucciolo a 500E con pedigree e a 250E senza pedigree è un lestofante! Il pedigree non è un pezzo di carta su cui scrivere la lista della spesa, bensì l’attestazione di appartenenza alla razza, nonché il diario della storia genetica del cane. Un esemplare senza pedigree è escluso dalla cinofilia ufficiale (a meno che per quella razza non sia ancora aperto il RSR, ex LIR) ma, soprattutto, manca di una mappa che è fondamentale nel processo di selezione e nell’eventuale indagine su malattie ereditarie.
A cura di Rossella Di Palma