Il richiamo: le dieci regole d’oro
8 marzo 2013
6 min

Il richiamo: le dieci regole d’oro

Il richiamo è uno dei comandi fondamentali dell’educazione base, che ci permette di gestire il cane da libero e sottolinea un rapporto di fiducia e armonia. Spesso il proprietario evita di sciogliere il cane, proprio per paura che non torni o, se lo libera, diventa matto nel tentativo di recuperarlo. Ecco, quindi, le dieci regole d’oro per ottenere un buon richiamo ed evitare di commettere i più comuni errori che rovinano l’esercizio.

1 – Instaurare con il cane una corretta relazione, poiché il presupposto generale è che stare vicino a noi è sempre piacevole, stimolante e interessante. Con noi il nostro amico può giocare, scoprire e imparare cose nuove e, quindi, viene volentieri al richiamo perché ci rispetta e ci stima. Se, invece, abbiamo impostato un rapporto basato sul timore e la paura o – all’opposto- non ci siamo affermati come leader carismatici e degni di considerazione, non avrà alcun motivo per tornare.

2 – Il richiamo va sempre associato a momenti piacevoli e divertenti; in fase di allenamento, sottolineeremo il buon esito dell’esercizio con lodi, premi alimentari, coccole e giochi per il solo fatto di essere venuto. In seguito, sposteremo il rinforzo nel proporgli attività invitanti, affinché consideri sempre utile e stimolante venire da noi. Se, invece, chiediamo al cane di venire per sgridarlo o solo quando è il momento di andare via dal parco, lo assocerà alla fine del divertimento e con il tempo non vorrà più tornare. Per lo stesso motivo, spesso il cane non torna volentieri alla vista del guinzaglio, poiché compare solo quando è il momento di andare a casa. Quando ci esercitiamo al richiamo, tenere quindi sempre in mano il guinzaglio, per desensibilizzarlo alla sua presenza, allenandolo a tornare più volte durante il momento di svago, alternando l’essere legato, al permesso di tornare a giocare.

3 – Associare l’esercizio a un comando preciso, quale parola usate è indifferente, purché sia sempre quella: il cane non coglie l’uguaglianza di significato dei sinonimi (per lui “Vieni”, “Qui”, “Andiamo”, “Vieni su”, sono tutte parole diverse). Spesso le persone chiedono al cane di venire usando solo il suo nome, ma la richiesta è incompleta e rallenta l’esecuzione: Fido è il suo nome e il cane probabilmente si girerà a guardarci, perché lo sente già in tantissimi altri contesti, ma è con il “Vieni!” che gli chiediamo di avvicinarsi.

4 – Usare il comando una sola volta, poiché l’uso ripetuto del “Vieni” ha diverse controindicazioni: se al primo richiamo non è venuto, probabilmente è distratto da qualcosa e la presenza intermittente della nostra voce lo rassicurerà sulla nostra posizione e lo autorizzerà a proseguire quello che sta facendo. Altro motivo è che se al quinto richiamo viene e noi lo premiamo, imparerà che è consentito ignorare i primi quattro, poiché non ci sono conseguenze, rallentando così la prontezza del comando. In questo caso, se il cane si gira al primo richiamo, ma è titubante poiché quello che stava facendo era davvero molto interessante, dovrete diventare l’alternativa migliore, incitandolo, usando toni acuti e invitanti, battendo le mani e allontanandovi chiedendogli di raggiungervi.

5 – Mai andare dal cane, se non viene al primo richiamo, perché così gli daremo un messaggio confondente sul corretto significato del comando: è lui che deve avvicinarsi a noi e non viceversa. Se vi ignora completamente e continua a girovagare indisturbato, allontanatevi in silenzio e nascondetevi, affinché non possa vedervi (è superfluo dire che è una procedura da attuare solo se vi trovate in una zona sicura, che vi consente di lasciare solo il vostro cane, senza rischi per la sua incolumità). Se avete un buon rapporto, non percependo più la vostra presenza, probabilmente inizierà a controllare dove vi trovate e non vedendovi si precipiterà a cercarvi; quando scoprirà il vostro nascondiglio fategli mille feste, premiandolo per avervi trovato. Il ragionamento che si deve innescare è che tornare al richiamo è una necessità di primaria importanza, poiché la vostra vicinanza è strettamente collegata alla sua sopravvivenza.

6 – Non usate cibo o giochi come esca per convincere il cane a venire, poiché si tratta di un sistema controproducente, che insegna a raggiungerci solo alla presenza di un premio e di conseguenza, quando ne saremo sprovvisti, perderà la motivazione a rispondere al comando. L’obiettivo cui dobbiamo puntare è che il cane venga per assecondare una nostra iniziativa e solo una volta raggiunto lo scopo, sarà premiato.

7 – Fate attenzione alla voce e agli stati d’animo, perché spesso tradiscono le vostre intenzioni. Nel richiamo è consigliabile usare sempre un’inclinazione della voce esclamativa e non interrogativa (perché trasmette insicurezza) e un tono calmo, fermo e deciso, con un timbro allegro e rassicurante e non di rimprovero. Controllate anche l’emotività, perché se siamo irritabili o iniziamo a innervosirci all’idea di dover chiamare il cane, sapendo che non verrà, o abbiamo percepito un pericolo e ci stiamo per agitare, il nostro corpo inizierà a trasmettere odori e mimiche che saranno percepiti dal cane, il quale si mostrerà sospettoso e più restio a tornare, nonostante i nostri toni gioiosi.

8 – Impostate il lavoro con gradualità, partendo da un richiamo “trattenuto”, fino alla versione “da libero”. Il primo tipo prevede la collaborazione di un aiutante che trattenga il cane, mentre noi ci allontaniamo, affinché si senta impossibilitato a seguirci e, quindi, più desideroso di raggiungerci. Fermi a una certa distanza chiameremo il cane e l’aiutante lo libererà al secondo richiamo, per aumentare la voglia del cane di venire da noi; una volta raggiunti, premieremo il nostro amico con tante feste e lodi. Questo ci permette di fissare il significato del comando e di instaurare un corretto approccio al richiamo, per passare con più facilità al richiamo con il cane libero, più difficile, poiché più esposto alle distrazioni.

9 –Esercitatevi al richiamo con le distrazioni, poiché uno dei motivi principali per cui il cane non viene è che trova spesso qualcosa di più interessante da fare, come annusare una scia olfattiva o giocare con gli altri cani. Lavorate, quindi, prima in un ambiente privo di forti stimoli, per passare gradualmente alla presenza di sempre maggiori distrazioni, affinché il vostro cane si alleni a rispondere al comando con un livello di difficoltà sempre più alto. Il principio fondamentale è che per il nostro peloso dovremmo essere sempre la scelta migliore, rispetto a qualsiasi tipo di svago esterno, per cui, se la distrazione che gli impedisce di tornare è molto forte, dovrete agire con un richiamo molto più accattivante.

10 – Cambiate spesso location, poiché se ormai torna alla perfezione in giardino e al parchetto, non è scontato che lo faccia anche al mare o in campagna. Il consiglio, in questo caso, è di dargli sempre il tempo di metabolizzare dove si trova, permettendogli di esplorare e analizzare il luogo, prima di lavorare sul richiamo. Non siate troppo opprimenti e non rimanete nello stesso punto a osservarlo, ma muovetevi il più possibile, andando anche in direzioni opposte alla sua, affinché si abitui a tenervi sempre d’occhio e quando noterete che è meno distratto, iniziate a chiamarlo. Più spesso lo allenerete in posti diversi, più sarete sicuri di aver generalizzato l’esercizio e potrete permettervi di lasciarlo libero con tranquillità.

Gianna Pietrobon – Educatore Cinofilo