Rispettiamo la natura del nostro cane?
19 febbraio 2013
4 min

Rispettiamo la natura del nostro cane?

La natura non è né buona né cattiva ma è giusta, e tutti gli esseri che ne fanno parte hanno gli stessi
diritti. Pertanto l’uomo non deve considerare gli animali come schiavi da sfruttare, ma come compagni di viaggio. Questo concetto implica che dobbiamo assumerci le nostre responsabilità, considerando il proprio cane come un componente della famiglia – cioè del branco – e ritengo che la responsabilità sia sempre del capo, cioè nostra, del leader.

Gli esseri umani sono gli unici in tutto il creato che possiedono il dono della consapevolezza e la facoltà di decidere, questa qualità li rende responsabili delle loro azioni. La consapevolezza è una qualità innata, individuale, che si è sviluppata assumendo le caratteristiche e le regole della società in cui viviamo. Società e culture diverse formano concetti, comportamenti e responsabilità diverse. Se la responsabilità degli uomini non è applicabile allo stesso modo tra le diverse società, poiché non gli è attribuito lo stesso valore, applicare le nostre regole o quelle acquisite dalla cultura della società in cui viviamo anche al nostro cane non solo è assurdo, ma anche pericoloso.

Assumerci le nostre responsabilità significa che dobbiamo considerare il cane un membro a tutti gli effetti della famiglia, ma anche conoscere i suoi usi e le sue abitudini. Questo richiede da parte di tutti i componenti della famiglia una grande responsabilità, che consiste nel saper esercitare una leadership corretta. Esercitare una leadership corretta non è molto facile e la nostra cultura certo non ci aiuta, anzi spesso diventa un ostacolo insormontabile. Sarebbe doveroso, prima di possedere un cane, almeno conoscere le cose fondamentali sulle reali esigenze di vita, sulle regole e sul perché dei suoi comportamenti.

Questo in genere non avviene mai, salvo in quei pochi casi di qualche precedente esperienza di addestramento; ognuno pensa che le proprie regole, i propri concetti e quelli acquisiti dalla società e cultura in cui vive siano irreprensibili, validi e applicabili a tutti gli esseri del creato. Questa megalomania è l’origine dei nostri fallimenti, non possiamo insegnare ciò che non sappiamo, insegnare significa innanzitutto avere già maturato un’esperienza in quel settore e possedere un buon livello di conoscenza teorica e di applicazione pratica, che consenta un grado di abilità che costituisce l’insieme di ciò che si sa fare. Il saper fare è una conseguenza naturale dell’apprendimento che abbiamo immagazzinato nella nostra mente come pensiero e che possiamo trasformare in comportamento.

Questo processo spontaneo lo si può ottenere anche consapevolmente, basta conoscere e seguire con attenzione e costanza i concetti e le regole che ne determinano il processo, in modo che non ci sia differenza tra sapere e saper fare. Solo se uniamo in modo appropriato il sapere, più propriamente la teoria, quello che si apprende attraverso la lettura o un racconto, con il conoscere, la pratica individuale – che può essere ottenuta solo attraverso una diretta esperienza corporea in tempi molto lunghi – si può raggiungere l’ambito traguardo del saper fare, che non può essere completo se viene a mancare l’uno l’altro.

Ciò che dico contrasta con ciò che è normalmente applicato presso tutti i centri e le scuole per cani, presso i quali è utilizzato il sistema nel quale il conduttore impara e insegna contemporaneamente. Così i partecipanti a questi corsi, forti di qualche gara vinta o di qualche risultato ottenuto, spesso più per merito della bravura del cane che loro, presi dall’ambizione – caratteristica unica che deriva dall’appartenere alla specie più evoluta del pianeta, cioè l’homo sapiens sapiens – non dubitano minimamente che il loro non è sapere. Sicuri della loro superiorità, a volte confermata da qualche risultato, credono di possedere la conoscenza e di saper insegnare (ovvero imporre le loro regole), perciò continuano a commettere il grave errore di operare trasgredendo quei principi naturali che sono alla base di ogni apprendimento.

Questo significa che non occorre lasciarci guidare dal nostro ego, ma che dobbiamo armarci di umiltà, buona volontà e piena consapevolezza del fatto che non possiamo contemporaneamente imparare e insegnare perché non è possibile insegnare ciò che non si conosce.

Driussi Gianfranco

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