La fecondazione artificiale nella specie canina
5 maggio 2012
3 min

La fecondazione artificiale nella specie canina

I primi studi riguardanti la fecondazione artificiale risalgono al lontano 1678. Il 1769, invece, è stato l’anno del primo tentativo di inseminazione artificiale nel regno animale, ma nei due secoli successivi questa tecnica cadde in disuso. Tuttavia, la ricerca in questo settore non si è arrestata e l’opinione pubblica si divide tra favorevoli e contrari

 

di Marcello Villa

 

Correva l’anno 1678, quando Leeuwenhoek ed il suo assistente Hamm, per primi, accertarono che nel liquido seminale vi erano corpuscoli mobili, quelli che oggi chiamiamo spermatozoi e che loro denominarono “animalcules”.

Per l’utilizzo a fini riproduttivi dell’importante scoperta, doveva passare oltre un secolo.

Infatti pur se una notizia leggendaria del 1300 riferisce che un capo arabo con il seme di uno stallone di un popolo nemico, ha fecondato cavalle della propria tribù, solo nel 1769 se ne è fatto uso ai fini dell’inseminazione artificiale nel regno animale.

In tale anno, Lazzaro Spallanzani, un uomo di acuta intelligenza, sacerdote evoluto, naturalista appassionato, definito da Voltaire “il più abile osservatore d’Europa”, che teneva le proprie frequentatissime lezioni all’Università di Pavia, inseminava, con sperma prelevato da un maschio donatore, una cagna, che dopo 62 giorni partoriva tre cuccioli assomiglianti sia alla madre che al maschio donatore.

Nei due secoli e mezzo successivi, per ciò che riguarda la specie canina, la tecnica è caduta nel più profondo oblio. Non si è sentito il bisogno di ricorrere a questo metodo, neanche in tempi recenti, in cui la selezione di razze animali da reddito, ma anche da sport, si è avvalsa, per l’ottenimento di risultati ad elevato contenuto qualitativo, di questa pratica.

Sono convinto anch’io che nell’allevamento canino la fecondazione naturale debba essere  tutt’oggi il metodo raccomandato, e ciò per almeno due fondamentali motivi:

 

– Il primo etico, nell’animale d’affezione l’atto fecondativo atteso è quello naturale, il miglior amico dell’uomo non può essere privato dell’emotività e del piacere dell’accoppiamento.

– Selettivo: con l’accoppiamento naturale non si nascondono incapacità riproduttive a qualsiasi livello, sia di origine maschile sia femminile.

 

Le patologie comportamentali o organiche vengono fuori, chi non ha tutte le carte in regola non si riproduce. Va tuttavia rilevato che volendo utilizzare stalloni esteri o comunque residenti in località lontane dalla fattrice, risulta certamente più comodo far viaggiare il seme piuttosto che il cane; così facendo si potrebbe anche favorire, la riduzione dell’indice di consanguineità in popolazioni che necessitano di tale attenzione.

Altra cosa, tuttavia, è la costituzione di una riserva di seme conservato, ottenuto da soggetti ritenuti eccelsi per carriera sportiva ed agonistica che in vita abbiamo avuto figli perfettamente sani in accoppiamenti naturali ed a cui abbiano trasmesso le loro caratteristiche, dimostrando così di essere dei “razzatori”.

Una tale scorta che già di per sé costituisce un ampliamento del pool genetico disponibile,  potrebbe rendersi utile nel futuro quando:

 

– Le qualità trasmesse in vita dai donatori, risultassero carenti nella razza.

– L’elevato tasso di consanguineità, ne richiedesse la loro immissione nella popolazione.

– L’elevata incidenza di anomalie congenite ne consigliasse l’utilizzo.